Il superuomo dannunziano e Nietzsche

La lettura di Nietzsche permette al d’Annunzio in crisi di approdare ad un’altra fase della suo poetica, quella del superuomo dannunziano. Egli coglie alcuni aspetti del pensiero del filosofo tedesco: il rifiuto della borghesia e dei suoi principi; l’esaltazione dello spirito dionisiaco (energico vitalismo); il rifiuto dell’etica della pietà e dell’altruismo; l’esaltazione dell’affermazione di sé; il mito dell’oltreuomo. Questi valori sono deviati dal poeta in direzione decisamente antiborghese, aristocratica, reazionaria e imperialistica.

L’oltreuomo nietzschiano è interpretato da d’Annunzio come il diritto di pochi esseri eccezionali ad affermare se stessi, sottomettendo gli altri comuni esseri umani. Nasce così il mito del superuomo dannunziano. E’ questo un concetto che va in direzione opposta, ma non contraddittoria, rispetto a quello che proponeva il mito dell’esteta. Mentre quest’ultimo si chiudeva nel suo mondo, dominato dall’arte, il superuomo, invece, si autoassegna il ruolo di guida della società.

Per il superuomo dannunziano si tratta quindi di una ricerca di nuovi valori fuori dalla morale comune, e non, come avviene in Nietzsche, per la fondazione di una nuova conoscenza. D’Annunzio punta insomma a generare stupore, appoggiandosi sul culto della forma e dell’estetica, tenendosi assai distante dalla dimensione introspettiva e dalla ricerca intellettuale dell’oltreuomo di Nietzsche.

superuomo